Dragoni 1961
Vive e lavora a Napoli
Studio visit di Chiara Pirozzi
Nel cuore del centro storico di Napoli si trova lo studio di Antonio Biasiucci, che dal 1980 vive nella città partenopea stringendo sin da subito un rapporto serrato con questo territorio, che lo conduce a indirizzare il suo obiettivo fotografico dapprima sulle periferie urbane e, qualche anno dopo, sui vulcani e, in particolare, sul Vesuvio. Fondamentale per la sua ricerca è stato l’incontro con l’attore e regista Antonio Neiwiller, dalla cui pratica e poetica non solo assorbe stimoli e metodi ma trae anche ispirazione per la realizzazione, dal 2012, di un programma laboratoriale biennale dal titolo LAB / Laboratorio irregolare, destinato alla ricerca e alla valorizzazione di giovani fotografi. Biasiucci, oltre ad avere all’attivo numerose mostre personali in Italia e all’estero, ha opere nelle collezioni permanenti di numerosi musei, fra cui il museo MAXXI di Roma, il museo Madre di Napoli, la Galleria Civica di Modena, il museo Mart di Rovereto e i Musei Vaticani. La sua poetica è basata sul recupero, l’attualizzazione e l’alterazione di simboli e riti ancestrali, che l’artista ritrova nell’oggetto, sia esso naturale o manufatto, che isolato dal suo contesto si libera da consuetudini e contingenze per restituire una nuova visione di sé. Attraverso l’uso metodico del bianco e nero, Antonio Biasiucci rimanda all’origine delle cose e a quell’energia latente propria della trasformazione delle materie. Nonostante le fotografie, concepite come grandi polittici o come serie, rinviino a mitologie e a temi universali, ciò che l’artista fotografa è recuperato da una ritualità quotidiana, come avviene per Impasto (1991), per la serie Pani (2009-2011) o per Corpo latteo (2017), in cui latticini immersi nel loro siero diventano costellazioni e galassie. L’indagine di Biasiucci procede all’interno del corpo umano, sviscerato nei ritratti, nelle fotografie di calchi e di crani – realizzate nel Museo di Antropologia di Napoli e attraverso il tema della maternità, cui ha dedicato diverse serie fotografiche, come Madri (1995-2002) e Matany (2016), quest’ultima realizzata in Uganda.
Biasiucci può essere considerato tra gli esponenti più rappresentativi della fotografia d’autore in Italia, ottenendo riconoscimenti anche in ambito internazionale. La sua ricerca in campo fotografico risulta fortemente riconoscibile e identitaria; tuttavia, l’artista continua un’incessante sperimentazione che lo conduce alla ricerca di nuovi stimoli e interessi. Grazie, infine, a Lab / Laboratorio irregolare, ha contribuito alla formazione di numerosi giovani fotografi, aprendone percorsi professionali e artistici.
Numerosi sono i progetti e le mostre che vedono Biasiucci impegnato negli ultimi tempi, l’artista ha recentemente inaugurato una mostra dal titolo Una sola moltitudine, presso il Palazzo della Cultura di Procida nell’ambito di “Procida capitale italiana della cultura”, con una serie di fotografie scattate all’interno dell’ex carcere dell’isola. Fra i lavori più recenti, Corpo ligneo (2021-2022), in cui tronchi divelti evocano un nuovo immaginario paesaggistico fatto di skyline metropolitani o di città metafisiche. Diversi sono i progetti a cui l’artista sta lavorando, frutto di committenze pubbliche; è il caso del progetto commissionato dal museo MAXXI, che ha invitato l’artista a realizzare una serie di fotografie all’interno dell’Università “La Sapienza” di Roma, e dell’incarico da parte del Ministero della Cultura, grazie al quale l’artista è impegnato a fotografare i reperti conservati al MuCiv – Museo delle Civiltà di Roma.
Antonio Biasiucci dimostra una ricerca di grande vitalità, attraverso cui sperimenta nuove potenzialità espressive, derivanti anche dalla messa in discussione di alcuni elementi caratterizzanti il suo lavoro. Tale aspetto, se da un lato testimonia una pratica mai di maniera, dall’altro pone l’artista davanti a una sfida costante nei confronti di pubblico e critica.
La poetica di Antonio Biasiucci dimostra spessore contenutistico e profondità espressiva, la sua ricerca si concretizza in opere sempre potenti ed evocative, in grado di portare l’osservatore su argomenti e contesti mai semplicemente riferiti al soggetto fotografato bensì a simboli e archetipi che dall’esperienza individuale abbracciano temi e ideali collettivi.