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panorama

Anna Raimondo

Maddaloni 1981

Vive e lavora a Bruxelles

Studio visit di Alessandra Troncone

In un caldissimo pomeriggio di inizio estate, incontro Anna Raimondo a Napoli nella sua casa di famiglia, dove è rientrata per qualche settimana. Raimondo vive ormai da otto anni a Bruxelles ed è nella capitale belga che si trova il suo studio, tuttavia da subito sottolinea che il suo vero luogo di lavoro è lo spazio pubblico. Nonostante la lunga permanenza all’estero, il legame con le sue origini campane torna in molti lavori e collaborazioni recenti, tra cui la mostra personale alla Shazar Gallery. Ci muoviamo quindi in un terreno d’azione ben noto all’artista, e per certi versi cruciale rispetto ad alcune nuove produzioni in corso.

Anna Raimondo ha una formazione eclettica e internazionale, il cui trait d’union è rappresentato dallo studio di linguaggi e fenomeni legati alla comunicazione. Da Bologna a Londra, passando per Madrid e Marsiglia, fino all’approdo a Bruxelles, dove attualmente porta avanti un dottorato di ricerca tra sociologia e pratiche performative, studi ed esperienze lavorative in campi diversi l’hanno portata ad appassionarsi al mezzo e al linguaggio radiofonico, al «piacere della registrazione» e alle possibili interferenze della radio con pratiche di attivismo politico, questioni di genere e risvolti terapeutici. Il tentativo di dare una ‘fisicità’ alla pratica radiofonica, dunque di trasporla nello spazio pubblico, ha portato Raimondo a esplorare il linguaggio performativo, inizialmente in prima persona (Untitled – A Stranger, the Water and What I Am, 2012-’14) e poi coinvolgendo persone terze. Il suo lavoro si muove, quindi, tra differenti codici linguistici e media espressivi, sebbene sia possibile riconoscere una centralità all’elemento sonoro e alle pratiche relazionali, cui l’artista ricorre per un’indagine sulla percezione del proprio corpo e di come questo reagisce alla realtà circostante, restituita attraverso un racconto polifonico, in larga parte centrato su voci femminili. Ne è un esempio il progetto iniziato nel 2017 dal titolo Nuove frontiere del benessere dell’ecosistema vaginale,che consiste nella mappatura di città diverse attraverso l’esperienza raccontata da donne. Il primo capitolo, dedicato a Roma, è stato presentato in una mostra personale alla galleria Ex Elettrofonica, a cura di Lucrezia Cippitelli; ogni volta che il progetto approda in una città, cambiano le protagoniste e il contenuto delle interviste, dunque anche la restituzione finale, che non è mai limitata a un oggetto ma intesse diverse situazioni, sfociando in varie forme tra cui l’installazione sonora, la fotografia, la camminata sonora, la parata, il documentario radiofonico.

Il lavoro di Anna Raimondo si inserisce a pieno titolo nelle ricerche internazionali che adottano una prospettiva trans-femminista, aggiornata rispetto alle istanze del femminismo storico e per questo suscettibile di aprire nuovi campi di indagine che tengano insieme trans-disciplinarietà e trans-medialità, con uno sguardo a quanto viene prodotto in campi limitrofi all’arte.

Al momento l’artista sta lavorando a un progetto che prevede un periodo di residenza a Ponticelli, alla periferia orientale di Napoli, e che intende rileggere la dimensione del presepe – con la sua connotazione sacra e popolare – per riattualizzarne il racconto in una prospettiva contemporanea, identificando nella figura cruciale della Vergine Maria un baluardo dell’empowerment femminile. Altri progetti in corso, o in fase di definizione, prevedono un affondo nel mondo della canzone neomelodica napoletana e il proseguimento di Nuove frontiere del benessere dell’ecosistema vaginale verso altre destinazioni.

Punti di debolezza e di forza del suo lavoro possono essere identificati quali rovescio della stessa medaglia; da una parte il pluralismo di voci, contesti, pratiche, approcci, messo in campo rischia di non trovare mai una finalizzazione conclusa da un punto di vista estetico-formale, rendendo sfuggenti i contorni dei vari progetti che si diramano in tante forme possibili. D’altra parte, proprio questo pluralismo, combinato a una forte radice teorica che si avvale della multidisciplinarietà nel senso più consapevole, rende la sua ricerca un bacino fertile di intuizioni caricate della giusta dose di ironia e autocritica, e per questo un ottimo punto di partenza per una riflessione su modalità e campi d’azione del pensiero transfemminista contemporaneo.

Silvano Magnone
foto Silvano Magnone