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panorama

Andrea Polichetti

Roma 1989

Vive e lavora a Roma

Studio visit di Lorenzo Madaro

Lo studio di Andrea Polichetti è in un sotterraneo di Palazzo Brancaccio, nelle viscere di un luogo denso di stratificazioni, non solo architettoniche ma anche di destinazioni d’uso e vite in transito. Fino a qualche anno fa nel piano nobile del palazzo c’era il Museo d’Arte Orientale, ora emigrato all’Eur. Attualmente alcuni spazi ospitano la sede di Contemporary Cluster, la galleria di Giacomo Guidi, e uno studio che Polichetti condivide con amici artisti e compagni di strada suoi e della galleria. Polichetti non ha una formazione accademica, quanto piuttosto una lunga e attraente militanza come assistente di alcuni artisti, con cui ha imparato a dialogare con costante attenzione: ottimo cursus honorum per poter affinare tecniche e avviare la formalizzazione del suo pensiero (anche attraverso il dialogo e la collaborazione con gli artigiani), come è emerso in alcune mostre recenti degne d’interesse, come Environments a Spaziomensa, (Roma, 2021), run space che ha cofondato in un momento di grande vitalità per gli spazi no profit nella Capitale. In questa occasione Polichetti ha voluto dialogare con Salvatore Meo, artista americano, a lungo di stanza a Roma, assemblatore ossessivo di forme, visioni e materiali a cui si opponevano in un sinottico dialogo l’essenzialità dei lavori del giovane artista romano. Una prova di respiro l’ha sostenuta – e superata – nella fondamentale mostra che Massimo Mininni ha curato con speciale lungimiranza (e tempismo) alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, Materia Nova, una mappatura di spazi e nuove emergenze in città che oggi sembrano meno ruggenti dell’immediato periodo post pandemico.

Una grande colonna dalle forme primarie in corten sostenuta da una base in neon si mostrava per la prima volta in una mostra collettiva, emergendo per un’energica visione di una possibile idea di rovina. È infatti il tempo un tema primario del suo discorso, il tempo della Storia ma anche quello della metamorfosi delle forme. Non si tratta soltanto del grande e reiterato fascino che Roma inequivocabilmente e inevitabilmente provoca nei suoi artisti, con la sua magnificenza e decadenza, con la sua forza e la sua devastazione costante, quanto di un lavoro che Polichetti svolge con concentrato impegno attorno alla trasformazione delle forme preesistenti nello spazio di realizzazione della scultura e, con le cianotipie su cui si sta concentrando in tempi più recenti, sul poetico cambiamento delle immagini. Sono paesaggi rintracciati da un possibile archivio dei ricordi, spazi incontaminati in cui le foglie sembrano muoversi grazie a un vento che appare come una carezza. Nulla di romantico o incontaminato a tutti i costi, quanto piuttosto una nostalgica visione di un possibile mondo in cui sembra sia accaduto qualcosa di imperscrutabile. Nei disegni e in altre opere recenti affiora costantemente un alfabeto segnico, ma d’altronde anche alcune sculture in ferro sono nate da un segno automatico che poi viene in qualche modo ammaestrato. Soprattutto quando affiorano le silhouette di corpi, figure che Polichetti considera genius loci, figure che vivono nei luoghi particolarmente cari e carichi di una forza emotiva o creativa, «li ho sempre immaginati come personificazioni di queste sensazioni», mi suggerisce Andrea, aggiungendo «che queste sculture sono spiriti guardiani di una possibile memoria». Al lavoro sulle sculture, si affiancano le cianotipie con i paesaggi, «abitati dagli spiriti delle mie sculture, evidenziando il rapporto di violenza tra l’uomo e la natura». Stampate su mdf, che è un legno sintetico, precisano la curiosità anche operativa e tecnica che è alla base di tutto il percorso dell’artista.

Il futuro del lavoro di Polichetti dovrà evidenziare ulteriore maturità e complessità, soprattutto nell’ambito della scultura, che è il suo linguaggio di riferimento. Dovrà quindi colmare i punti di debolezza della sua ricerca, in termini di produzione, ovvero ampliando il raggio del suo lavoro con nuovi lavori, anche uscendo fuori dagli schemi dei cicli che talvolta lo possono distogliere da nuovi obiettivi e nuove forme espressive.

La forza del lavoro di Polichetti, difatti, sta proprio nella sua capacità di articolare un viaggio tra diversi materiali, anche recuperando tecniche della tradizione, com’è stato con una cartella di litografie stampate da Bulla a Roma, altro spazio di assoluto interesse che grazie alle due giovani eredi della storica famiglia di stampatori, sta rinascendo con inesauribile energia coinvolgendo giovani artisti in progetti speciali che meritano attenzione. Perciò il suo lavoro nella scena attuale romana (e italiana) è degno d’interesse, perché si sta costantemente aprendo al recupero di alcuni particolari mezzi, come anche di recente con la iuta, che appartengono alla storia dell’arte, cercando di attualizzarli, di renderli ancora vibranti e quindi vivi.

Foto Carlo Romano
Foto Carlo Romano