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panorama

Andrea Nacciarriti

Ostra Vetere 1976

Vive e lavora a Senigallia

Studio visit di Marco Trulli
maggio 2021

La ricerca di Andrea Nacciarriti si concentra sugli aspetti percettivi dello spazio fisico realizzando interventi volti ad alterare sensibilmente le coordinate spaziali per mettere in scena storie sospese, drammatizzazioni dei luoghi che emergono per sottrazione, cambi di luce, rimozioni o sfondamenti. Un lavoro di questo tipo difficilmente è contenibile in uno studio, poiché sistematicamente l’artista immagina ogni installazione in maniera site specific, anzi si potrebbe dire che trasforma lo spazio in una scena installativa.

Ogni luogo con cui Nacciarriti si confronta viene ripensato in maniera profonda indagandone l’identità, le stratificazioni temporali e il destino. Per questo l’artista non lavora in studio, ma proprio di recente ha iniziato un percorso di ricerca fondato sull’utilizzo temporaneo di spazi come pratica di ricerca e verifica. Nei Temporary Studies #1 e #2 (2021-’22), l’artista ha affittato appositamente due diversi spazi, realizzando ogni volta un intervento site specific e poi, concluso il tempo di produzione dell’intervento, ha riconsegnato i locali. Questo tipo di pratica definisce un territorio creativo libero e autoprodotto dall’artista in cui esprimere una riflessione spaziale svincolata dai processi di committenza istituzionale o commerciale, testimoniando la direzione netta che ha intrapreso il suo lavoro. Allo stesso modo, la possibilità di realizzare un progetto simile è fortemente legata al contesto geografico di lavoro, alle condizioni economiche di produzione più accessibili rispetto a un grande centro. Tornato a Senigallia dopo anni di vita a Milano e a Bologna, l’artista riflette sul fatto che stare in provincia gli consente di avere tempi di riflessione e maturazione di progetti più complessi, che solo in questo contesto riesce a sintetizzare.

L’indagine di Nacciarriti si sofferma sullo spazio come paesaggio mentale, sensibile, in cui l’alterazione di alcuni elementi percettivi, come ad esempio le fonti luminose o l’olfatto, determina una mutazione della nostra esperienza del luogo. In questo emerge un forte interesse alla dimensione architettonica e urbana, dunque a cosa lo spazio rappresenta in relazione a un tessuto territoriale più ampio e a come, attraverso l’intervento artistico, si possa articolare una lettura critica di un luogo.

Nel 2019 l’artista riutilizza gli spazi dismessi dell’Essex Street Market di New York, intervenendo in uno stadio temporale di transizione, nella fase di inizio della demolizione legata al processo di rigenerazione (e gentrificazione) del quartiere, consentendo alle persone di sperimentare l’attraversamento del mercato disabitato, completamente al buio, per poi accedere ai locali della galleria creata al suo interno, da cui proviene una intensa luce bianca che genera una sensazione di stasi, un vuoto che apre una riflessione sulla trasformazione urbana in divenire. Questo intervento, dal titolo 00 00 00 00 00 [Essex Street Retail Market], a mio avviso pone le premesse nodali per la produzione attuale dell’artista.

La distanza tra la realtà e la percezione è il tema centrale di indagine dei due Temporary Studies, in cui l’artista realizza un contributo biografico per ogni spazio, andando a rimettere in scena funzioni e storie traumatiche che hanno attraversato quei luoghi.

Attraverso la disposizione di alcuni elementi disposti secondo un ordine allusivo, l’artista rilegge la memoria del completo allagamento dello spazio della Factory ZeroZero di Senigallia, quasi sommerso dalla piena di un fiume poco distante (Temporary studio #1, 2021). Le luci sganciate dal soffitto, la bottiglia sospesa che segna il limite della piena e la porzione di fango del fiume, sono gli elementi che definiscono una geometria di riferimenti che consentono di attivare una dinamica immaginativa e non (solo) commemorativa. Nel secondo Temporary Studio (Meta-Nature, Senigallia, 2022) in uno spazio prima adibito a deposito di legnami, riflette sulla narrazione edulcorata della natura attraverso una composizione di elementi: un tronco di quercia trovato sul posto viene tenuto in sospensione dalla gru di un camion di fronte a un chroma key. La messa in scena è funzionale a un’allusione critica al greenwashing imperante nel dibattito pubblico, in cui si adottano soluzioni esclusivamente simboliche rispetto ai grandi temi del cambiamento climatico e la natura è rappresentata in maniera monodimensionale, come habitat rassicurante. La produzione di Nacciarriti in questa fase si sta evolvendo in questo percorso degli studi temporanei che prevede altre tappe e che rimangono però esperienze limitate, fruibili quasi esclusivamente tramite la documentazione e la comunicazione digitale.

La sua pratica è guidata sempre dal linguaggio e proprio perché non c’è un filo narrativo ma un quadro di riferimenti in dialogo, spesso il progetto rimane nebuloso fino alla fine, quando interviene un gesto a chiarire o a definire il display finale dell’intervento. La devozione e il rispetto dell’artista verso lo spazio come costruzione architettonica, sociale e culturale si evidenzia anche nel fattore tempo, che in alcuni casi viene misurato da contatori appositamente installati per considerare la durata effimera della trasformazione dello spazio apportata dall’artista, riflettendo così su quanto il tempo dell’opera significa e produce nella vita di un luogo.