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panorama

Andrea Bolognino

Napoli 1991
Vive e lavora a Napoli
Studio visit di Alessandra Troncone

Lo studio di Andrea Bolognino è una stanza dedicata all’interno dell’appartamento dove l’artista si è trasferito in tempi recenti e che si trova nel cuore del centro storico di Napoli. Su un tavolo da lavoro sono disposti in maniera organizzata pennelli, matite, biro, pastelli e carboncini che immediatamente forniscono indizi preziosi sulla sua pratica. Alle pareti, qualche opera finita e tanti bozzetti che rivelano una sperimentazione in corso su nuove tecniche e materiali.

È il disegno ad assumere centralità nel suo lavoro, in tutta la sua autonomia linguistica ed espressiva. Il segno, a tratti più fluido, a tratti spezzato, è la trama su cui si costruisce la presenza cromatica, che vive di esplosioni più che di campiture sul supporto cartaceo.

Bolognino si è laureato in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Napoli, ma con significative incursioni nel campo della scultura che lo hanno portato anche a progettare scene e costumi teatrali. Questa produzione si inserisce nel solco del suo principale campo di indagine che è il corpo, sondato nella sua accezione contemporanea e, in particolare, in relazione alla macchina. Fonti privilegiate sono dunque autori di testi fantascientifici ma anche teorici della postmodernità che si sono interrogati sulla complessa relazione tra l’essere umano e le creature tecnologiche da lui create, in uno scenario di forze che, a cicli alterni, si scontrano e vengono a patti. Tale rapporto ritorna in alcuni procedimenti messi in campo dall’artista, che prevedono una commistione dell’elemento analogico e di quello digitale, in particolare attraverso l’utilizzo di scanner e stampanti quali filtri tecnologici in grado di alterare le immagini di partenza. Non solo: la presenza di schermi, reali e immaginari, costituisce una lente attraverso cui guardare la realtà, o meglio attraverso cui raccontare il modo in cui oggi guardiamo la realtà. Display digitali e monitor tv ritornano nei disegni di Bolognino sempre associati a frammenti anatomici di esseri osservanti, che in quegli schermi si perdono fino a considerarli un’inevitabile estensione di sé stessi. Guardando queste figure, quasi sempre riprese di spalle, siamo portati ad adottare il loro stesso punto di vista: questo esercizio di immaginazione, di calarsi nei panni dell’altro, è una pratica dello stesso artista, che in alcuni suoi disegni ‘gioca’ a percorrere l’interno del suo corpo o si impone delle limitazioni – disegnare senza tenere gli occhi sul foglio – per allenare un altro tipo di visione, che si sgancia dalla vista.

Proprio nella recente mostra personale al Museo di Capodimonte, per il ciclo Incontri sensibili, partendo dal capolavoro di Pieter Bruegel La parabola dei ciechi (1568), Bolognino ha sviluppato una riflessione sulla vista e sulla visione, simulando le possibili conseguenze sulla percezione derivate da malattie che interessano l’occhio e trasferendole sul piano del disegno. I lavori in corso, che ritornano sull’immagine di un corpo umano visto dallo o attraverso lo schermo, sono destinati a una mostra in programma presso la Galleria Acappella a Napoli. Parallelamente, Bolognino è impegnato in una ricerca preliminare mirata ad attivare un dialogo possibile tra intelligenza artificiale e pratica disegnativa, cui si accompagna una sempre accesa curiosità nei confronti di nuovi materiali con cui dar vita a immagini che stimolino in misura maggiore anche altri sensi.

In questa volontà di mettere in relazione una tecnica tanto antica con le ultime scoperte tecnologiche, risiede la potenzialità del suo lavoro, che sceglie il disegno per la sua capacità analitica mista a un’inevitabile ricaduta nella sfera della soggettività, un fallimento previsto che, proprio per la sua ineluttabilità, affascina l’artista. Fatta salva una ricerca puntuale e coerente, forse proprio laddove la componente soggettiva e più istintiva tende a prevalere, alcuni lavori mancano di una sistematicità narrativa e di una risoluzione piena che li fa apparire come abbozzi ancora in potenza, non pienamente conclusi ma per questo suscettibili di ulteriori sviluppi.

L’ambizione di dare un nuovo ruolo al disegno nel contesto della smaterializzazione tecnologica più avanzata può certamente evolvere in risultati interessanti, anche in termini di presentazione del lavoro o della sua inclusione in dispositivi più complessi, che favoriscano la compresenza di sguardi e la sovrapposizione di punti di osservazione già implicita nel suo lavoro.