Napoli 1993
Vive e lavora a Napoli e a Basilea
Studio visit di Alessandra Troncone
Con un piede in Italia e uno in Svizzera, Ambra Viviani è al momento di questo incontro in residenza presso CASTRO a Roma, dove per tre mesi occupa uno degli studi messi a disposizione dal programma. Dopo aver frequentato il liceo artistico a Napoli, Viviani ha studiato Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano, per poi spostarsi a Basilea, dove ha frequentato il corso di Arti visive alla FHNW Academy of Arts and Design diretta da Chus Martínez. Sempre in Svizzera, ha iniziato un dottorato alla Zürcher Hochschule der Künste di Zurigo. Tra le mostre più recenti, ha partecipato alla collettiva There Is No Time to Enjoy the Sun alla Fondazione Morra Greco, a Napoli (2021), e alla seconda edizione di JET LEG – Biennale d’arte e cultura a Monaco di Baviera (2022). È inoltre tra i co-fondatori di Giulietta, project space nato a Basilea nel 2020, in un ex autosalone Alfa Romeo, e oggi progetto itinerante che assume forme diverse in relazione alle città e agli spazi che lo ospitano.
La sua pratica è attraversata da un marcato interesse per la scrittura, sia in forma testuale, sia sonora. A ciò si accompagna un’esplorazione della materia e dei materiali che porta alla realizzazione di sculture e installazioni progettate su input diversi, ma accomunate in molti casi dalla relazione tra essere umano e animale: in The Talking Party (2016), per esempio, silhouette di animali scolpite in poliuretano suggeriscono un possibile addomesticamento delle nostre paure, mentre in And the Solution Is to Convert Them Into Highly Digestible Protein Sources (2019), realizzato per una residenza ad Hangzhou in Cina, trasforma le blatte in piccole sculture preziose fatte di marmo e vetro che condividono con il testo scritto il racconto di un’esperienza, pur non intrattenendo con questo una relazione esplicita e dichiarata.
La centralità attribuita alla scrittura nel processo creativo, che mescola riferimenti a testi scientifici con giochi di parole, combinata a un’attitudine manuale che, seppur ‘mascherata’ da procedimento tecnologico (le sculture in poliuretano sono intagliate a mano, ma sembrano realizzate con stampa 3D), cerca di attingere a tradizioni artigianali spesso radicate nei luoghi di produzione, raccontano di un approccio che cerca di tenere aperte più strade. Si aggiunge, infine, la ricerca sonora, in parte portata avanti con lo pseudonimo di Minne de Curtis, fantomatica ‘collaboratrice’ nella realizzazione di progetti che prevedono anche una parte musicale.
Tra le opere più recenti, presentate in occasione dell’open studio di CASTRO, vi sono una serie di sculture in stagno le cui forme sembrano richiamare organi interni: fegati, polmoni, forse lingue. Lo stagno, un metallo che l’artista ha lavorato anche in altre occasioni (come nell’opera I Am Looked at From All Sides, una mattonella sostituita al pavimento interno dello spazio espositivo) rappresenta per Viviani facilità di manipolazione per la fusione a basse temperature, ma allo stesso tempo instabilità e rischio. L’artista esplora, inoltre, il linguaggio video in Two Snakes Making Love, tentativo di presentare il lavoro testuale e audio in maniera diversa, vincolando la temporalità dell’ascolto allo scorrere delle immagini.
La pratica dell’artista appare in questa fase diramarsi in varie direzioni e per certi aspetti rischia di frammentarsi per rispondere agli stimoli derivanti dai diversi contesti, molti dei quali esplorati proprio grazie a programmi internazionali di residenze artistiche. Allo stesso tempo, l’avvio di una ricerca di natura più teorica che, sebbene nelle sue fasi iniziali, si propone di indagare la decostruzione del linguaggio amoroso, rappresenta un possibile pilastro su cui costruire il lavoro futuro, recuperando alcuni temi già affrontati in opere precedenti e contribuendo così alla costruzione di un discorso più organico nel quale far confluire testo, suono e pratica scultoreo-installativa.