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ALMARE

Collettivo artistico e curatoriale fondato a Torino nel 2017 e composto da Amos Cappuccio, Giulia Mengozzi, Luca Morino, Gabbi Cattani

I membri del collettivo vivono tra Torino e Francoforte sul Meno

Studio visit di Alessandra Franetovich

ALMARE è stato fondato con l’obiettivo di produrre e curare una proposta artistica sul suono con un taglio transdisciplinare, sviluppando progetti basati sulla performatività e una concezione allargata della storia della musica e delle pratiche sonore del contemporaneo.

La produzione di ALMARE spazia dalla creazione di opere alla curatela di eventi a cui vengono invitati ulteriori autori, musicisti, compositori e ricercatori in veste di partecipanti e collaboratori, anche per progetti di lunga durata. Ne è esempio All Signs Point to Rome, Diane (2019), una raccolta di auto-registrazioni realizzate da varie figure invitate dal gruppo. Il lavoro trasforma la pratica dell’auto-ascolto in un’azione di ascolto plurale e collettivo, cui si aggiunge un sottotesto dato dalla prospettiva storica e tecnologica sulla pratica; prima dell’invenzione dei registratori l’eco era l’unica risorsa possibile di auto-ascolto. Di conseguenza il lavoro sfuma nei regimi di storicità (F. Hartog) assumendo i contorni fantasmagorici dell’hauntology (J. Derrida), e si dimostra teso a tradurre l’immaterialità del suono pur dimostrando la concretezza dei dispositivi tecnologici utilizzati per propagarlo.

Nel contesto italiano, ALMARE introduce un accento sulla curatela del sonoro che, unita alla dimensione collettiva e partecipativa, permette al progetto di inserirsi in una scena attiva tra spazi di produzione, festival o, nel caso autoriale, tra field recordings, mappature sonore, indagini critiche sul suono; vengono in mente Xing, a Bologna, il lavoro autoriale di Massimo Carozzi e le ricerche curatoriali di Leandro Pisano e di Mattia Capelletti. In questo scenario ALMARE evidenzia il ruolo della ricerca nel tentativo di immaginare nuovi formati di ibridazione transdisciplinare, cercando di riunire, con la logica della raccolta, ricerche già svolte da altri autori, per provare a mettere insieme occasioni di discussione e condivisione muovendosi, tendenzialmente, verso la creazione di una comunità.

ALMARE sta lavorando al secondo e al terzo episodio di Life Chronicles of Dorothea Iesj S.P.U., un romanzo sonoro a puntate che coniuga la fascinazione per gli strumenti narrativi della fantascienza e il portato speculativo del mezzo letterario, con la curatela di Radio Papesse e il supporto dell’Italian Council. Il progetto è iniziato nel 2020 con il primo episodio, presentato alla mostra collettiva Wave Between Us alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo a Guarene e al festival Musica in prossimità. È stato quindi concepito in un momento di crescente diffusione del formato podcast, complice la pandemia e l’introduzione di regole per il distanziamento sociale, che hanno comportato l’aumento della domanda di consumo di prodotti culturali fruibili negli spazi privati. L’evanescenza dei corpi e la loro invisibile presenza, attivata tramite forme di ascolto, è alla base della la storia di Dorothea Iesj, ricercatrice nell’ambito dell’archeoacustica. Collocato in un tempo futuro, il lavoro narra i viaggi da lei svolti alla ricerca di registrazioni sonore da estrarre da oggetti e poi da vendere sul mercato nero, prefigurazione di logiche estrattiviste e di clandestinità che caratterizzano la storia dell’archeologia sin dagli albori. Al centro di questo lavoro si colloca la disciplina dell’archeoacustica, approcciata da ALMARE unicamente nella sua dimensione di pseudo-scienza, e con cui intreccia una commistione di fonti, tra cui musica colta e prodotti della cultura di massa; serie TV, leggende metropolitane, storie bibliche.

Da questo tipo di immaginario ci si può aspettare una chiara e ferma presa di posizione nei confronti delle teorie sul post-truth, quindi non solo l’elaborazione di narrazioni fantascientifiche ma anche l’inquadramento critico di una disciplina come l’archeosonorizzazione, ancora in tensione tra il suo essere uno strumento archeologico e il divenire fonte di speculazioni nella sfera della pseudoscienza; questo però non è presente nel primo episodio. Al momento è l’apertura alla dimensione collettiva e plurale, la pratica dell’ascolto e la scelta di tematiche poco comuni ad assicurare la genuinità e l’impostazione critica della ricerca. Un esempio concreto di questo atteggiamento è l’abbondante ricorso alla pratica della raccolta di dati – uno dei più importanti strumenti di potere del capitalismo – che però è qui volto alla condivisione. Esemplare è il fatto che eventuali proventi dalla presentazione e/o acquisto di All Signs Point to Rome, Diane saranno da redistribuirsi in parti uguali tra tutti i partecipanti al progetto.

Foto Clara Scarafia
Foto Luca Vienello e Silvia Mangosio