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panorama

Alessio Ancillai

Roma 1973

Vive e lavora a Roma

Studio visit di Nicolas Martino

Alessio Ancillai, artista, ha studiato medicina e chirurgia, con un’esperienza in ambito psichiatrico. Attivo sulla scena artistica dal 2000, nel tempo ha stabilito un rapporto particolarmente importante con il gallerista Pio Monti e può vantare la partecipazione a diverse occasioni espositive, sia personali che collettive, a cura di Achille Bonito Oliva e Bruno Corà. Da sempre si è mosso sia all’interno del sistema dell’arte sia fuori, o ai margini, del sistema stesso, intervenendo in spazi alternativi con progetti militanti a sfondo sociale.

La sua ricerca, che comprende la sperimentazione di diversi materiali e mezzi – la poesia, la videoarte (qui sono da segnalare anche le partecipazioni ai festival del “cinema astratto”), la pittura e l’installazione, il ferro, il bronzo e l’acciaio ─, si muove essenzialmente lungo due linee direttrici: la prima è quella volta a indagare le condizioni lavorative contemporanee e la mancanza di sicurezza e tutele che, ancora oggi, determinano incidenti e morti sul lavoro. La seconda, più intima, si interroga invece sullo statuto dell’opera attraverso una decostruzione e ricostruzione (quasi archeologica) degli elementi essenziali della pittura. Entrambe queste ricerche rimandano a un’indagine sulla natura dell’essere umano, i suoi bisogni, le sue esigenze e le sue caratteristiche cognitive specifiche: Ancillai insiste, in questo senso, sulla capacità esclusivamente umana di immaginare la “linea” e, quindi, di dare vita intenzionalmente a oggetti ‘inutili’ come le opere d’arte.

Nel panorama contemporaneo Ancillai si segnala in modo particolare per questa attenzione alle condizioni di lavoro, che spesso disumanizzano il lavoratore inchiodandolo a una condizione schiavistica. Si tratta di opere che fanno pensare al concetto di lavoro proprio della Grecia classica, quando a lavorare erano solo, appunto, gli schiavi, che non erano considerati essere umani, mentre l’uomo libero si dedicava esclusivamente ad attività politiche e sociali senza mai lavorare. La domanda posta da Ancillai indaga il perché di una generalizzazione dell’antica condizione schiavistica, ancora più incomprensibile, se ci pensiamo bene, ora che la tecnologia a disposizione potrebbe liberare tutti dalla fatica, rendendoci ‘liberi’ di dedicarci esclusivamente alle attività preferite. Se è doveroso chieders,i quindi, perché accada che per lavorare e soddisfare i proprio bisogni materiali si debba ancora oggi rischiare di ammalarsi e morire – uno dei progetti più importanti di Ancillai è significativamente intitolato Morti sporche ‒ aggiungiamo che bisognerebbe anche chiedersi come mai, ora che il lavoro socialmente necessario alla riproduzione della vita e della ricchezza si è ridotto ai minimi termini, non si cerchi di puntare su un reddito universale di esistenza per tutti, che liberi dalla condanna biblica. Potremmo ancora aggiungere che sarebbe interessante indagare ‘antropologicamente’ l’origine religiosa di un lavoro inteso come fatica e condanna, conseguenza di una disubbidienza e quindi di un esilio. Proprio su questi temi Ancillai sta preparando una serie di opere nuove – tutte presenti in studio – che saranno il nucleo centrale di una prossima mostra da Dino Morra a Napoli.

Su un altro piano, più strettamente formale, risulta particolarmente interessante l’indagine sull’immagine pittorica e la sua ‘decostruzione’ e possibile ‘ricostruzione’ contemporanea attraverso l’uso del LED ‒ che rende subito riconoscibili i lavori di questo artista ‒, e quindi su quelle dimensioni di spazio e tempo che sono costitutive dell’esperienza umana nel mondo e che, sempre di più, stanno diventando altro rispetto a quello che per secoli si è pensato. Basterebbe citare qui la fisica post-newtoniana e quantistica per avere la misura di quanto sia importante, anche artisticamente, questo tipo di ricerca. Di qui la realizzazione di quella che forse si potrebbe definire una pittura installativa, fatta anche di vuoti che rimandano al silenzio in musica, e dove i confini tra l’opera e la parete sulla quale è appoggiata tendono a dissolversi sempre di più (tempo e spazio non sono forse un continuum?).

Quella di Alessio Ancillai, insomma, è una ricerca ormai matura, ma carica di potenzialità che sapranno senz’altro esprimersi grazie a un impegno costante.