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panorama

Alessandro Scarabello

Roma 1979

Vive e lavora a Firenze

Studio visit di Marco Trulli

Lo studio di Alessandro Scarabello è nascosto in una delle vie del centro storico di Farnese, nell’alta Tuscia. Ricorda di aver provato, in passato, un grande senso di frustrazione per il diffuso disinteresse nei confronti della pittura da parte della scena artistica italiana di una decina di anni fa, e di essersi riavvicinato convintamente al medium pittorico solo grazie alla frequentazione di un master a Gand, in Belgio. Il nostro incontro avviene al termine della sua permanenza di più di un anno nella Tuscia, dove torna periodicamente per motivi familiari, anche se ormai è in procinto di trasferirsi stabilmente a Firenze.

La pittura di Scarabello nasce da una matrice figurativa che persiste ancora ma che si è evoluta e trasformata diverse volte all’interno di scene enigmatiche, in cui le figure si mimetizzano o appaiono sformate, consunte. La sua ricerca intende risalire alle linee di forza che compongono la struttura dell’immagine, la sua radice visiva, spingendosi sempre più verso la disgregazione e la gestualità istintiva. Uno dei nuclei di ragionamento dell’artista è la riflessione sui tentativi di adattamento da parte dell’individuo alle convenzioni della società e agli effetti che queste hanno su di esso. Da ciò derivano le figure svuotate come fantocci che popolano le sue tele: maschere deformate che l’artista ritrae con un incrocio di riferimenti iconografici e simbolici che ci portano dal Phersu, raffigurato nelle tombe etrusche di Tarquinia, alla storia del teatro fino a riferimenti alla pittura di tutti i tempi, dai fiamminghi a Bacon. Le opere di Scarabello emergono dunque come immagini stranianti, cariche di atmosfere perturbanti che riflettono il vivere contemporaneo, la vacuità dell’esistenza, testimoniano ansie e timori non senza ironia talvolta grottesca, assumendo una funzione di specchio deformante dell’umanità. L’artista rifugge ogni compromesso con una pittura piacevole o pacificata, spinto dall’urgenza di restituire le complessità e le ansie del presente; inventa paesaggi mentali in cui si percepisce una critica radicale al vivere contemporaneo, un turbamento che non si abbandona a intenti didascalici. Anche la scelta dei paesaggi naturali è un richiamo che spesso allude allo stereotipo dell’esotico e a un retaggio estetico di sapore coloniale.

La pittura di Scarabello si pone nel dibattito attuale italiano in una posizione originale e di ricerca, con un forte sguardo rivolto alla figurazione europea e una costante tensione alla sperimentazione di soluzioni innovative, che lo porta a dialogare apertamente con le ricerche contemporanee internazionali.

In studio sono presenti anche lavori incompiuti, testimoni del fatto che l’artista sta cercando nuove direzioni di sviluppo dell’opera, nuove soluzioni che possano restituire la sua riflessione sui meccanismi visivi e percettivi che avvengono nel compimento di un lavoro. Si sta interrogando sulla distanza che intercorre tra noi e l’opera, attraverso la realizzazione di un riquadramento delle immagini che rimane visibile all’interno del quadro, come fosse un confine del nostro sguardo. Nelle opere più recenti emergono delle campiture monocromatiche realizzate, però, con una pittura mossa, sensoriale, punto d’arrivo di una ricerca radicale di astrazione, di un tentativo continuo di fusione delle figure nel paesaggio e nella tensione emotiva del quadro. Ci sono diversi lavori, parte della serie Esercizi eretici, in cui movimenti graziosi di arti esercitano spinte, pressioni, gesti sarcastici di resistenza, piccole danze dell’immagine, che restituiscono un tono farsesco al quadro.

Attualmente sono presenti alcune sperimentazione non completamente risolte, probabilmente perché siamo di fronte a una transizione importante del lavoro di cui si avvertono alcuni cambiamenti, come la tendenza al monocromo o il riquadramento delle immagini, soluzioni che in questa fase convivono nelle opere con le figurazioni e con i paesaggi. L’approccio radicale dell’artista, che rifugge immagini graziose e che invece fa ricorso spesso a inestetismi, garantisce una tensione espressiva costante delle opere, che si dispiega nelle stratificazioni e nelle cancellature di immagini misteriose, affioranti all’interno di complessi enigmatici, ma di grande suggestione.