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panorama

Alessandra Ferrini

Firenze 1984
Vive e lavora a Londra
Studio visit di Alessandra Troncone realizzato il 29 gennaio 2024
13 marzo 2024

Il percorso formativo di Alessandra Ferrini si è sviluppato lungo traiettorie non lineari ma convergenti in una pratica artistica che si avvale di una continua attività di ricerca. Traferitasi a Londra in giovanissima età, qui ha solo successivamente conseguito un BA in Fine Art (2010) e un MA in Visual Culture (2014) presso la University of Westminster. Parallelamente ha lavorato nel campo della didattica museale alla Chisenhale Gallery e dato vita nel 2013, con Elisa Adami, a Mnemoscape, piattaforma per la ricerca e progetti curatoriali con un focus su memoria e pratiche di archivio, accompagnata dall’omonimo magazine online. In tempi più recenti Ferrini ha esposto in mostre personali a Villa Romana a Firenze (2019) e ad ar/ge kunst a Bolzano (2022). Nel 2022 si è aggiudicata il MAXXI Bulgari Prize.

Il suo lavoro si sviluppa attraverso una varietà di media (video, fotografia, installazioni ma anche pubblicazioni e workshop) che concorrono alla presentazione di progetti fondati su ricerche archivistiche e caratterizzati da una stratificazione di racconti che si intrecciano a suggerire nuove possibilità e modalità di narrazione della Storia. Focus principale è il passato coloniale italiano, indagato da diverse prospettive a partire da figure o episodi specifici, la cui superficie viene ‘tagliata’ per generare un’espansione ipertestuale di contenuti. È il caso di Gaddafi in Rome, progetto articolato in più capitoli che affronta le connessioni tra Italia e Libia prendendo le mosse dall’incontro tra Gheddafi e Berlusconi a Roma nel 2009, o ancora di A Bomb to Be Reloaded, che indaga l’influenza di Frantz Fanon su una generazione di intellettuali in Italia – tra cui Giovanni Pirelli – e i primi movimenti a supporto dei processi di decolonizzazione.

La ricerca di Ferrini si situa a pieno titolo nell’ambito dei Postcolonial studies, ambito nel quale l’artista si muove con consapevolezza e avendo ben presente i rischi di strumentalizzazione che ne derivano. Per questo motivo sviluppa metodologie di indagine che le permettono di guardare al micro e al macro, tenendo insieme livelli di racconto diversi ma con l’obiettivo di evitare il ‘paradigma del dolore’, che estetizza immagini di violenza e sopraffazione, a favore dell’emersione di voci che incarnano forza, dignità e resistenza.

Al momento di questo studio visit è di prossima apertura la mostra personale dell’artista al Museo del Novecento di Firenze, che presenta il risultato di un nuovo progetto dal titolo Unsettling Genealogies e che lascia incontrare la storia della sua famiglia con quella delle istituzioni culturali italiane che hanno avuto difficoltà a scrollarsi di dosso l’eredità fascista. Anche in questo caso la ricerca condotta in archivi privati e pubblici viene restituita attraverso diversi mezzi espressivi, tra cui la performance. Ferrini è inoltre in procinto di discutere la sua tesi di dottorato, sui rapporti tra Italia e Libia, presso la University of the Arts di Londra. È infine stata annunciata la sua partecipazione alla mostra internazionale della 60a Biennale di Venezia, curata da Adriano Pedrosa.

L’ossatura critica e di ricerca che sostiene tutta la pratica di Ferrini se da un lato ne rappresenta il valore, dall’altra genera processi aperti che in alcuni casi faticano a ‘chiudersi’ in una risoluzione formale, sintomo di una ricerca sempre potenzialmente in corso che si muove per nuclei e procede per appunti attorno ai quali si coagulano materiali e questioni diverse.

Il preciso focus di ricerca e la riflessione sugli aspetti metodologici, sia per quanto riguarda l’indagine che la condivisione dei risultati, rappresentano la forza del suo lavoro, che porta l’attenzione sul rapporto tra ricerca teorica e produzione visiva e costringe inevitabilmente a riflettere sul posizionamento degli individui all’interno della narrazione storica.

Foto di Serge Domingie