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panorama

Agne Raceviciute

Klaipeda (Lituania) 1988
Vive e lavora a Milano e a Venezia
Studio visit di Stefano Coletto

Agne Raceviciute è un’artista che arriva in Italia giovanissima. Si diploma al liceo artistico di Treviso e successivamente si iscrive allo IUAV di Venezia, dipartimento di Arti Visive. Dopo un anno, decide di lasciare l’università. Lo stesso giorno, in una curiosa coincidenza, viene selezionata dalla Fondazione Bevilacqua La Masa per usufruire di un atelier a Palazzo Carminati. Siamo nel 2009. Il suo portfolio è ricco di immagini e di collage anche audaci, a volte enigmatici negli accostamenti e nei ritagli formali. Poi un video, selezionato per una collettiva di giovani artisti, che ora la fa sorridere: figure enigmatiche che, in un reale in bianco e nero, camminano in uno spazio abbandonato di Marghera. Cura fotografica per l’inquadratura, il nero, la ricerca di immagini come in un mood board tra conscio e inconscio.

Agne accompagna alla formazione in atelier la frequentazione di quello scenario nuovo e sperimentale, tra moda, musica, arti performative che si stava coagulando attorno a Nico Vascellari, per cui ha lavorato come assistente, collaborando alla nascita di Codalunga. Nel 2008 nasce la serie fotografica Il piacere del vestiario con corpi vestiti, travestiti, mascherati, in relazioni misteriose; figure che la resa di stampa rende monumentali, in uno stage accuratamente costruito, rigoroso nell’impianto formale. Quindi, tra il 2009 e il 2010, il progetto Genovaite Raceviciene in Juodkrante Neringa, che alterna collage, video, fotografie: una figura misteriosa cammina nelle pianure e nei boschi del paesaggio lituano, evocando presenza arcane. Poi incontri, numerose collettive in Italia e all’estero, e tantissimo lavoro. Ricordiamo l’esperienza con Urs Luthi, artista da lei molto amato, e quella bipersonale sontuosa negli allestimenti e intelligente nelle relazioni tra le opere della serie Conclave e territories, curata da Simone Frangi nel 2013. Ma il mondo dell’arte contemporanea può accoglierti senza essere generoso e quindi nascono conflitti, sterzate, ripensamenti. L’invenzione ti salva e la tenacia di cercare nuove strade. Agne continua a lavorare sulle varianti di quel nero da cui emergono tutte le possibili immagini, come in una camera oscura. Nel buio della città abitano figure mefistofeliche; dal buio affiorano frammenti materici di corpi, tra surrealismo, formalismo della staged photography. Il buio si materializza con le pieghe di abiti, tessuti divenuti una quinta teatrale che nasconde e lascia intravedere. La matita traccia disegni su cartoncini come appunti: sismogrammi nel vuoto con deboli tracce figurative.

Nel suo studio si trovano moltissimi libri di autori e temi diversi che Agne riunisce in funzione dei progetti che affronta, approfondendo in modo trasversale letteratura, filosofia, psicologia, scienze esoteriche. Crea bozze di film, appunti, disegni, acquerelli, ancora collage: riunisce e libera, mette insieme e separa, apre e chiude finestre. Agne in questo è contemporanea: per ottenere immagini devi cercare e produrre immaginari, con tutto il tuo essere, come in immersione, scendere dentro di te. Quindi fare esperienze, come il viaggio a Parigi per conoscere il lavoro del geniale regista Gaspar Noè. Oppure l’attraversata in nave verso l’America, dalla quale Agne due anni fa mi mostrò frammenti di un possibile, futuro film, e che oggi ritrovo come frame in fotografia nel suo studio. I suoi prossimi progetti sono un libro fotografico per documentare l’eredità architettonica e paesaggistica della Lituania, impersonando lei stessa figure ormai in estinzione della vita mitologica e rurale lituana. Quindi una residenza di scrittura cinematografica a Revine Lago, sede del Lago Film Festival, per avviare la produzione di un complesso cortometraggio, sul cui script lavora da un anno. Si tratta di Cut the Privacy. Embrace the Doubt,ispirato alla figura di Auguste Blanqui, autore di L’Eternité par les astres, dove si teorizza l’esistenza di infinite vite che si ripetono nel cosmo. Alcuni acquerelli sul pavimento dello studio anticipano episodi di questo lavoro. Mi dici qual è il tuo punto debole? «Non saprei rispondere facilmente, probabilmente la continua produzione di progetti immateriali, teorie e strutture evanescenti che a volte, non potendo essere prodotte, svaniscono o si confondono con altre iniziative in cantiere». Sì, a volte sembra che manchi una sceneggiatura forte nei suoi enigmatici e oscuri teatri, una narrativa che tenga insieme la ricchezza dei suoi materiali che declinano, scompaiono e poi riaffiorano in modo imprevisto ma la cui coerenza sembra sfuggire. E se fosse solo una questione di maturità? Ne sono convinto. La forza di Agne, e la fiducia che ispira, nascono dall’intensità con cui sta nel suo “Schautrieb”, la cosiddetta pulsione di guardare. Dal suo portfolio: «Schautrieb: la spinta scopica che sostiene il vedere inconscio e che include al suo interno tutti i modi del vedere, dell’essere visto e del vedere stesso…. Ciò che è messo in discussione è il mito dello sguardo puro, non contaminato dall’inconscio». Schautrieb è diventato il titolo di una ricerca complessa e multiforme, nata nel 2016, ancora in progress; concept di un continuo set cinematografico, dove moltissimo deve ancora entrare, quello che uscirà, sarà un’opera.