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panorama

Narcisa Monni

Alghero 1981

Vive a lavora a Sassari

Studio visit di Nicolas Martino

Narcisa Monni ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Sassari, dove oggi insegna Pittura, e alla facoltà di Architettura della stessa città. Dopo una serie di soggiorni a Londra e a Roma, ha deciso di tornare a vivere a Sassari, dove negli anni Dieci del nuovo millennio ha contribuito ad animare il L.E.M. – Laboratorio di Estetica Moderna, nato su iniziativa dell’artista Gianni Manunta Pastorello. Raro esempio cittadino di galleria privata dedicata alla promozione dei giovani artisti, questo spazio (al quale hanno collaborato in tempi diversi anche Leonardo Boscani e Salvatore Ligios) ha rappresentato un importante tassello di quella rinascita artistica cui si accennava nel precedente studio visit a Fabio Saiu. In questo senso è importante sottolineare anche il legame di Monni con l’Accademia di Belle Arti che, nata a nel 1989, ha contribuito notevolmente a vivacizzare la scena artistica e culturale del territorio.

Particolarmente importante, nella sua carriera, ci sembra la mostra Insieme a te non ci sto più, curata nel 2020 da Davide Mariani negli spazi del Museo Maria Lai “Stazione dell’Arte” di Ulassai. Mostra da segnalare perché esprime il senso profondo dell’esperienza di un’artista che, come dice lei stessa, non è una “pittrice”, ma “usa” la pittura (in fin dei conti la “lingua” che ci definisce non è sempre qualcosa che si usa e nell’uso che se ne fa cambia? Lo si dice qui per buona pace di chi pensa che la lingua ci abiti e ci colonizzi sempre senza resti) per raccontare la condizione umana. E, a Ulassai, Monni ha appunto esposto un progetto dal titolo In tempo di guerra, una serie di piccoli dipinti realizzati intervenendo sulle copertine e le pagine di riviste recuperate nella casa d’infanzia durante i giorni del lockdown, dando vita, con tempere a acrilici, a una sorta di romanzo storico-sentimentale del mondo che fu, ovvero un montaggio per immagini che racconta quella vita che abbiamo lasciato nel 2020 e che non tornerà più. Affetti, amicizie, abitudini, abbracci, relazioni, forme di vita che possono essere raccontate proprio perché appartengono ormai a un’altra epoca. La cesura rappresentata dalla peste del XXI secolo viene letta qui non dal punto di vista politico e sociale delle grandi trasformazioni, ma piuttosto da quello esistenziale, che rimanda alle “piccole cose” quotidiane, quasi di sbarbariana memoria.

L’autobiografia è in effetti un tratto caratteristico di questa artista che, come si diceva prima, ‘usa’ la pittura con risultati capaci di rilanciare un linguaggio artistico ‘originario’ che però, per non diventare puro esercizio accademico ed essere in grado di suscitare stupore ancora oggi, ha bisogno di essere reinventato. Operazione difficile e pericolosa, nella quale Monni senz’altro riesce. E qui, mi sembra stia l’importanza di un impegno artistico che ci restituisce in tutta la sua freschezza l’inattualità di una pittura giovane e spregiudicata. Interessanti risultano anche gli ultimi lavori che si trovano nello studio: una serie di lenzuola che l’artista si fa regalare dagli amici e dalle amiche e sulle quali dipinge il ritratto più intimo, quello dell’anima, trasfigurato nelle sembianze di animali domestici o selvaggi, quasi a ricordarci che in realtà non esiste quella rigida divisione dei regni organizzata da Aristotele, ma ognuno di noi è anche il gatto con il quale sta giocando e viceversa.

Tornando a quella poesia delle piccole cose cui accennavamo, probabilmente sarebbe cosa buona se Narcisa Monni decidesse di ampliare quel progetto continuando a indagare la trasformazione che stiamo attraversando. Voglio dire che, se è vero che la pandemia ha rappresentato una cesura traumatica, probabilmente quest’ultima fa parte di una trasformazione antropologica ancora più profonda che ormai da tempo sta cambiando le nostre forme di vita, ma anche i nostri modi di pensare e di sentire. La chiave trovata in quei lavori, se amplificata ulteriormente, potrebbe quindi raggiungere risultati ancora più interessanti. Ciò detto, quella di Narcisa Monni è una pittura concettuale (ma la pittura non può che essere concettuale) che, come nella serie dei Santi, un altro ciclo al quale ha lavorato l’artista, o nella nuovissima serie delle polaroid ritoccate, sa raccontare la dimensione intima e quotidiana con gli accenti propri di quello che, forse, si potrebbe chiamare un “realismo esistenziale” del XXI secolo.