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panorama

John Cascone

Cheltenham (UK) 1976
Vive e lavora a Roma
Studio visit di Daniela Trincia

In un appartamento tra Malatesta e Pigneto, John Cascone ha organizzato il proprio accogliente ed essenziale studio. Dopo i primi due anni della sua vita vissuti nella famosa città termale inglese di Cheltenham, ha abitato in diverse città (tra cui anche Pisa, dove si è laureato in Storia dell’arte contemporanea) per stabilirsi definitivamente a Roma dal 2008. Ciò che principalmente caratterizza il suo curriculum, e il suo lavoro, sono le costruzioni di “situazioni”, di “finzioni”, che possono originare delle azioni/reazioni (consapevoli e non) nelle persone di quelle comunità di volta in volta coinvolte da un suo specifico progetto.

Interessato al confine esistente ─ e al rapporto ─ tra realtà e finzione, la sua ricerca è fondamentalmente proiettata a individuare e mostrare i limiti del linguaggio comune. Limiti, non necessariamente negativi, che possono esistere nel descrivere la realtà o nel costruire una finzione, specificatamente di singole comunità. Di conseguenza non ha un medium di elezione e per indagare come si costruisce una realtà, per scoprire anche quali sono le sue parti nascoste, spazia dal suono al video, dalla fotografia alle azioni/performance. In ogni caso, l’attivatore di ciascun lavoro, è il luogo, un preciso territorio. Analizzando il posto, compresa l’architettura che lo caratterizza, si domanda: «come si può riscrivere la storia di questo luogo? Quali parti sono nascoste?». Da tali domande cerca di costruire relazioni, connessioni, legami, un dialogo, come in Ledificio infinito (l’assenza dell’apostrofo non è un errore, è il nome dato dagli abitanti a una scuola abbandonata che, nel passato, era il luogo dove veniva costruita una visione del futuro) o in Trulaucor.

Benché non abbiano intenti di denuncia, né tanto meno ricordare quanto possa essere semplice imbattersi in racconti infondati, i suoi lavori hanno la forza di dimostrare come si possa costruire una storia diversa, partendo proprio dalle evocazioni di quel luogo, componendo una narrazione possibile, attraverso la fusione di dettagli reali e sfumature inventate, tra il dicibile e il non detto (L’Ignoto/Sconosciuto/Altrove); col principale intento di mettere in relazione, di attivare un dialogo, di condividere una forma, una visione, e di far accadere qualcosa: riflettere insieme sulla realtà.

Da dicembre, con la collaborazione della regista e attrice Veronica Cruciani, si sta dedicando alla realizzazione di un video che ha già interessato le comunità di Monterotondo e di Cave. Attualmente, quella di Labaro (bambini tra i 6 e i 9 anni, coinvolti tramite la biblioteca Galline bianche) per chiudere con quella di Manarola; lavorando sempre sullo stesso tema, declinato nelle singole comunità.

Sebbene i suoi lavori possano evocare La guerra dei mondi e far avvertire l’assenza della “produzione” di qualcosa di tangibile, è proprio il lavoro sulla creazione di una nuova forma e sullo scarto tra realtà e finzione e le molte tipologie con le quali è tradotto, che spinge a guardare con occhi diversi le differenti narrazioni che ogni giorno martellano il nostro quotidiano, individuandone anche le mancanze. Oltre all’interesse per le realtà marginali, spesso non poste al centro degli interessi delle amministrazioni, si interroga su pratiche antiche quanto l’uomo: come costruire il mondo, il rapporto tra gli uomini e tra l’uomo e la natura, mai del tutto sondabile. Perché attraverso l’aspetto ludico è più facile abbattere quei limiti di comunicazione ed entrare in più diretto contatto, ritornando a quelle pratiche primigenie di qualsiasi comunità, creando una possibilità e istigare il dubbio. E ogni lavoro, seppur narrabile, mantiene una parte di indicibile e solo facendone parte se ne percepiscono tutte le possibili sfumature.