Cerca
Close this search box.

panorama

Alessia Rollo

Lecce 1982

Vive e lavora a Lecce

Studio visit di Lorenzo Madaro

In un viale appena fuori dal centro storico di Lecce vive e lavora Alessia Rollo. Vecchia casa in un palazzotto apparentemente austero, spazi dalle linee pulite e usurate da un tempo pittore, un lungo corridoio d’ingresso (dove a un certo punto l’artista ha anche avviato un Run Space che oggi credo sia in stand-by) e finestre che talvolta sono squarci attoniti sulla città. Attorno, botteghe e negozi che palesano la multiculturalità di questo lembo cittadino, dalla Persia all’India, alla Cina, camminando sul marciapiede sotto la casa-studio di Alessia c’è da perdersi tra le geografie. Dal suo studio sembra di stare in Oriente, si vedono palme di giardini segreti abbarbicati tra mura di cinta di pietra leccese, attorno molto ordine, molte opere sono in un deposito in Spagna, città che Alessia Rollo ha eletto come sua seconda terra, sin dai suoi studi alla scuola EFTI di Madrid, per lunghi anni prima di questo ritorno a casa che non so quanto durerà ancora.

Questo è soprattutto lo spazio della riflessione e della progettazione. Non crede di essere una fotografa pura, non le interessa; preferisce invece declinare il linguaggio tra installazione e multimedia, ma in fondo tutto il suo lavoro è una domanda attorno al mezzo fotografico e alle ambivalenze del linguaggio. Lo comprenderete bene addentrandovi sul suo sito internet alessiarollo.it, dove sono documentati con cura tutti i suoi progetti, anche quelli di cui non parlerò in questa occasione. Il suo discorso è degno di interesse anzitutto per il focus che individua, ovvero quello spazio liminale tra il documento e la finzione. Ed è così che è nato anche uno dei suoi progetti più solidi, Fata Morgana, che è un libro finanziato dal ministero della cultura spagnolo, con un ciclo di immagini tutte eseguite in Salento. «Con Fata Morgana ho proposto un superamento degli stereotipi dei media sulla rappresentazione della migrazione in Europa degli ultimi anni», mi racconta mentre sfoglia le pagine – curatissime – del libro fotografico, medium tra i più cari al suo pensiero. Vedo corpi che fluttuano tra cielo e terra, magari con addosso una coperta esotermica, brandelli di paesaggio. Non è reportage, ma fotografia che restituisce attraverso specifiche pose, sguardi sospesi e dimensioni trasognanti.

Quella della migrazione diviene così una dimensione lontanissima dalla narrazione densa di pregiudizi e ovvietà cui siamo costantemente abituati, per assumere le sembianze di un lungo viaggio da immobili, un percorso di conoscenza di ciò che è dentro lo spazio della trasformazione e della disperazione. Ma nomade è anche il suo percorso; dal 2019 si sta occupando di un’analisi molto intima di fotografie e video degli anni Cinquanta legati alla ritualità e alle sue declinazioni. Parallele Yes è proprio questo, un progetto multimedia, con brandelli di immagini di volta in volta ritoccate nella dimensione intima di un tavolo da lavoro, con segni, tracce, vuoti e ancora segni, in grado di evidenziare oppure di ripensare la preesistenza di un corpo, di un paesaggio umano, di un monumento megalitico, oppure di una ritualità che unisce gesti e materiali ancestrali. E allora risulta ben chiaro che un altro punto cardinale del pensiero di Alessia Rollo risiede proprio nella ricerca di una visione in grado di essere realtà mutante, che perde ogni tipo di contatto con il documento o la cronaca per farsi pura investigazione della forma della visione.