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L’economia che sostiene l’arte contemporanea

L’impegno del sistema: necessità e prospettive

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Quali sono le energie che sostengono l’arte contemporanea italiana? Qual è il rapporto, nel mecenatismo, tra intelligenze ed economie? Ci sono molte realtà a sostegno dell’arte capaci di costituire una rete forte, sia sul piano intellettuale sia finanziario, ma nel complesso l’economia dell’arte italiana appare debole e il sistema di welfare della figura dell’artista piuttosto fragile. A nostro avviso, manca una strategia di rete e la capacità di connettersi.

Considerazioni preliminari
Se oggi, grazie alla direzione generale Creatività contemporanea (DGCC) del ministero della Cultura (MiC), abbiamo una mappa consultabile dei Luoghi del contemporaneo, non esiste ancora un elenco degli artisti professionisti italiani: l’unico disponibile è quello degli autori che godono del diritto di seguito SIAE. Ciò, nonostante lo Statuto sociale degli artisti (2006/2249), non ancora recepito dall’Italia, inviti alla creazione di un registro professionale europeo, «nel quale potrebbero figurare il loro statuto, la natura e la durata dei successivi contratti, nonché i dati dei loro datori di lavoro o dei prestatori di servizi che li ingaggiano». Il nostro Paese risulta, perciò, carente di misure che intervengano sugli aspetti commerciali, previdenziali e fiscali della vita dell’artista, qualificandone professionalmente l’attività. Pertanto, parliamo qui di economia che sostiene gli artisti contemporanei italiani senza poter definire il corpus preciso d’analisi. La nostra intenzione è dunque quella di fotografare quanto è stato fatto negli ultimi anni tra impegno delle istituzioni pubbliche, associazioni, mecenatismo privato e corporate. La ricognizione non può affidarsi a dati pubblici aggregati poiché per l’arte contemporanea non esistono studi né banche dati consultabili che registrino la produzione, l’esposizione e la circolazione della creatività del presente attivata dai diversi strumenti pubblici messi in campo. Va inoltre tenuto presente come il sistema sia ancora piuttosto giovane: la direzione generale Arte e architettura contemporanee e Periferie urbane (DGAAP), evoluta in direzione generale Creatività contemporanea, che ha il compito di rappresentare e sostenere l’arte e i linguaggi del presente, è nata solo nel 2014. Sebbene diversi strumenti siano stati messi in campo dalla DGCC negli ultimi anni, il cammino per la costruzione di un sistema solido appare ancora lungo e bisognoso di alleanze e, soprattutto, di una strategia condivisa tra pubblico e privato.

Sostegno pubblico
Tra gli strumenti a sostegno dell’arte contemporanea che negli ultimi vent’anni si sono affiancati alla legge 717/49 (meglio nota come ‘legge del 2%’), fiore all’occhiello è l’Italian Council. Nato nel 2017 per promuovere la produzione, la conoscenza e la disseminazione della creazione contemporanea italiana nelle arti visive, il bando coinvolge artisti, curatori, musei pubblici, fondazioni e istituzioni private, favorendo la formazione e l’incremento del patrimonio pubblico contemporaneo. In totale si sono svolte dieci edizioni con uno stanziamento complessivo di 12.592.135,14 di euro. Le candidature sono state 642 e i progetti vincitori 147: 90 nuove produzioni e acquisizioni che incrementano le collezioni dei musei italiani; 48 tra mostre, partecipazioni a biennali, triennali, festival, collettive, pubblicazioni internazionali, residenze; 9 borse di studio. 

L’Italian Council si configura dunque come uno strumento utile su più fronti, dal posizionamento internazionale degli artisti italiani al sostegno alle nuove produzioni, che si è andato a sommare al PAC, nato nel 2001, rivolto all’acquisizione, produzione e valorizzazione di opere dell’arte e della creatività contemporanee destinate a incrementare le collezioni pubbliche italiane, con un finanziamento dei progetti vincitori pari al 100%. Il Piano, per cui è stata autorizzata, a partire dal 2002, la spesa annua di 5.164.569 di euro, è stato implementato grazie al decreto legge del 20 dicembre 2019 n. 162, che ha autorizzato un’ulteriore spesa di 4,5 milioni di euro per il 2020, di 2,5 milioni per il 2021 e per il 2022, e di 500.000 euro annui dal 2023 per le proposte di acquisizione, produzione e valorizzazione di opere del presente. Per il 2022 il budget complessivo è di oltre 3 milioni di euro.

Negli ultimi due anni, a tali strumenti la DGCC ha affiancato bandi come Cantica21, in occasione del settecentenario della morte di Dante Alighieri, e SF_2020 Strategia fotografia. A proposito del primo, è senza dubbio degna di nota la collaborazione tra la direzione generale Creatività contemporanea e la direzione generale Promozione del sistema paese del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale (MAECI), nell’internazionalizzazione e promozione dell’arte contemporanea italiana nel mondo attraverso la rete diplomatico-consolare, i cui 82 istituti italiani di cultura sono già normalmente attivi in campo espositivo. Il secondo, SF_2020 Strategia fotografia, rende concreta la nuova attenzione del MiC verso tale medium: sono stati stanziati 1,3 milioni di euro «per l’acquisizione, committenza, conservazione, valorizzazione della fotografia e della cultura fotografica italiana e internazionale».

Parallelamente alle azioni messe in campo dal MiC, corre l’attività delle amministrazioni locali, di cui si può solo avere un’evidenza puntiforme e non aggregata. Le rilevazioni sulla spesa in cultura, realizzate dall’ISTAT, considerano infatti aggregazioni tematiche molto ampie. Ciò detto, è bene sapere che, secondo l’edizione 2021 del rapporto BES, la spesa pubblica che l’Italia riserva alla cultura è tra le più basse d’Europa.

Un discorso a parte meriterebbero i musei del contemporaneo. L’associazione AMACI, nata nel 2003 e che oggi conta 24 musei d’arte contemporanea, sta aggiornando il vademecum delle buone pratiche museali, che si auspica includa anche raccomandazioni sul trattamento economico degli artisti che espongono nei musei pubblici. Sulla relazione musei e sostegno economico si apre infatti un capitolo infelice: in genere, il museo non corrisponde un compenso all’artista se non in termini di produzione di una o più opere destinate a una mostra e a rimborsi spese. Del resto, non sorprenderà che questo abituale modus operandi tra istituzioni e artisti, unito alla crisi causata dalla pandemia in corso, nel 2019-2020 abbia prodotto per le performing arts e le arti visive all’interno del Sistema produttivo culturale e creativo un calo dell’11,9% in termini di occupazione e del 26,3% di valore aggiunto.

Ma il discorso sulle economie non si esaurisce certo con la mera erogazione di denaro: da più fronti emerge in modo sempre più evidente la necessità di fondare, parallelamente, un sistema di partecipazione del privato a sostegno della creazione dell’arte visiva e delle collezioni. Alessandra Donati, autrice de I diritti dell’arte contemporanea (2011), nota come la normativa italiana in materia sia molto limitata e frammentaria, non essendo il risultato di un sistematico disegno programmatico coerente. Tra le azioni da sostenere con urgenza, vi è ad esempio l’implementazione dell’Art bonus che, istituito dalla legge n. 106 del 29/07/2014 e s.m.i., ha introdotto un credito d’imposta per le erogazioni liberali in denaro per sostenere il mecenatismo a favore del patrimonio culturale. Dalla sua introduzione, l’Art bonus registra 2.187 enti beneficiari, oltre 26.000 mecenati, 4.905 interventi e 643.315.388 milioni di euro. Risultano sporadici, però, gli interventi sul contemporaneo, che ammontano a 2.700.367 euro, pari allo 0,42% del totale raccolto e sono distribuiti tra: GAMeC di Bergamo (1.383.500 euro), Mart di Trento e Rovereto (65.087 euro), Museo di Arte Contemporanea di Villa Croce a Genova (85.000 euro); due interventi per il MA*GA di Gallarate (dal 2016, 485.580 + 36.000 euro), Galleria Nazionale di Roma (124.000 + 13.000 + 8.200 euro); e un grosso intervento di restauro per il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato (dal 2020 ha ricevuto oltre 500.000 euro).

Sostegno privato
Collezionisti, fondazioni, associazioni, spazi indipendenti, residenze d’artista, a vario titolo impegnati nella produzione e nella promozione delle giovani generazioni di artisti e professionisti, svolgono da sempre un ruolo importante nel sostegno alla produzione artistica e costruiscono e alimentano il dialogo con le comunità locali e le reti internazionali.

Non sono rari i casi in cui i collezionisti, al pari delle gallerie d’arte, sostengono anche i propri artisti, come in occasione di nuove produzioni per premi, biennali, mostre. Secondo un’indagine condotta nel 2020 da Intesa Sanpaolo PB in collaborazione con i galleristi di Miart, non si tratta di grossi collezionisti: le collezioni d’arte moderna e contemporanea italiane hanno in media 155 opere, oltre il 40% ne conta meno di 50 e il 60% meno di 100, con una netta preferenza per l’arte contemporanea (94%), associata a opere postwar (46%) e moderne (21%). L’acquisto è influenzato dal prestigio dell’artista (42%) più che dal prezzo (36%) e la maggior parte dei collezionisti compra in media ogni anno meno di 10 nuove opere (88%) con un budget annuale sotto i 100.000 euro.

Un’importante attività di sostegno alla produzione artistica italiana, soprattutto giovanile, è quella portata avanti da fondazioni, associazioni e società di capitali. La loro azione è ben delineata dal rapporto Le organizzazioni private dell’arte contemporanea in Italia. Ruoli, funzioni, attività (2020), realizzato dal Comitato fondazioni arte contemporanea, Associazione Civita e Intesa Sanpaolo. Sono 63 le organizzazioni coinvolte nello studio: 39 fondazioni, 19 associazioni, 5 società di capitali fra S.r.l. e S.p.a. Le attività prevalenti comprendono l’organizzazione di mostre e attività espositive (per l’83% di associazioni e il 74% di fondazioni), cui segue l’istituzione di residenze (72% associazioni; 46% fondazioni). Le associazioni si distinguono per il sostegno e la promozione degli artisti emergenti (94%), in particolare di fascia giovanile, e nell’indizione di bandi e open call (44% vs 36% le fondazioni), così come nella co-progettazione artistica senza produzione (33% vs 21%). Le fondazioni mostrano invece un relativo primato nell’istituzione a scala nazionale o internazionale di borse di studio e ricerca (8% vs 6%).

Il capitolo delle residenze appare piuttosto interessante per la capacità insita nel Dna di tali soggetti a fare rete. Riprendendo il report citato, il 59% del campione (37 organizzazioni) ha istituito residenze d’artista, e quasi 8 su 10 sviluppano progetti artistici in partnership con istituzioni pubbliche o altre organizzazioni private. Beatrice Oleari, progettista e co-fondatrice di FARE, AIR – artinresidence e STARE, neonata associazione italiana delle residenze d’artista, ci dice che sul territorio italiano sono una cinquantina le residenze che operano in modo continuativo. Un programma di residenza costa da un minimo di 2.000 a un massimo di 8.000 euro, e la maggior parte paga i costi vivi e la produzione all’artista e/o riconosce un fee.

Infine, sono tanti i premi dedicati all’arte contemporanea in Italia, anche se nessuno è così prestigioso e ricco da far decollare o da suggellare la carriera di un artista nel sistema internazionale, come possono essere l’Hugo Boss Prize, il Turner Prize, il Prix Duchamp o il Future Generation Art Prize per i talenti sotto i 35 anni, del valore di 100.000 dollari. Cercando di fare una ricognizione dei premi italiani, il più prestigioso è il MAXXI Bvlgari Prize e il più antico il premio Lissone, nato nel 1946, che apre le porte al museo della città, il MAC, cui segue il premio Termoli, del 1955, che dà vita al MACTE. Il Club GAMeC Prize unisce la volontà degli amici del museo con la ricerca artistica dell’istituzione bergamasca; il premio Acacia esprime l’impegno dei collezionisti nella promozione di artisti in ascesa. Tanti poi i premi di privati che danno lustro più alla loro visibilità e impegno, come il DucatoPrize, o i premi corporate come premio Furla, premio Cairo, Carapelli for Art, Artisti per Frescobaldi, il recente Ala Art Prize. Di rilievo il Max Mara Prize for Women, istituito dalla Collezione Maramotti, per la collaborazione espositiva con la Whitechapel Gallery di Londra.

In prospettiva
Questo breve excursus mostra come negli ultimi anni il Governo abbia posto l’attenzione sul contemporaneo, sia attraverso il finanziamento di nuove produzioni e acquisizioni, sia promuovendo l’arte italiana, affiancandosi alla consistente attività portata avanti dal comparto privato. Manca ancora, però, un coordinamento e un lavoro organico di rete tra pubblico e privato, sebbene alcune sinergie si siano attivate, come quella con il Comitato fondazioni arte contemporanea, che nel 2015 ha firmato un Protocollo d’intesa con il MiC cui è seguita l’istituzione di uno Steering Committee, grazie al quale si è aperto un dialogo con l’allora DGAAP.

Tuttavia si deve prendere atto di un gap pericoloso: i lavoratori della cultura e, tra questi, quelli dell’arte contemporanea, pur avendo un titolo di studio di istruzione superiore (43%), quasi il doppio rispetto al resto dell’economia (23%), nel rispondere ai fabbisogni formativi delle imprese culturali mostrano un mismatch tra le competenze richieste dal mercato e quelle offerte dai percorsi formativi (Sistema informativo Excelsior). Mancano le competenze oggi richieste: ibride, creative, digitali e manageriali. Non stupisce allora che il lavoro nel contemporaneo sia caratterizzato da multiple job holding, ovvero dallo svolgimento contemporaneo di più lavori, o dal fenomeno del working poors e della difficoltà di inserimento o reinserimento.Questi dati sono stati confermati dall’indagine svolta nel 2020 sulle carriere artistiche emergenti su un progetto promosso dall’Associazione per il circuito dei giovani artisti italiani (GAi):il settore delle ‘arti visive’ risulta essere il meno remunerativo, mentre gli ‘altri ambiti’, caratterizzati da professioni più legate ai settori delle industrie culturali e creative (es. editoria, cinema, design) sono quelli in cui sono impiegati coloro i quali dichiarano di avere un reddito più elevato, dai 19.000 euro annui in su. Il lavoro prettamente artistico-creativo contribuisce per meno del 50% degli artisti al reddito complessivo annuale, e quindi la maggior parte si trova costretta a svolgere più lavori, anche non legati al settore culturale.

Un’ulteriore domanda da porsi è se oggi rispetto al passato gli artisti siano più isolati o se, al contrario, facciano sistema e sviluppino progettualità comuni. Anche l’accesso diretto degli artisti al collezionismo e al mercato, attraverso il digitale e i social, desta qualche domanda: la nuova produzione artistica saprà radicarsi e conservare memoria di sé stessa, saprà entrare nella narrazione collettiva della storia sociale dell’arte? Perdurerà di certo la disintermediazione di istituzioni e operatori, che apparentemente sembra regalare forza agli artisti, ma che potrebbe anche far perdere le loro tracce nel mondo dei bit.

Qualità e creatività non mancano certo agli artisti italiani, eppure sono pochissimi quelli che emergono agli occhi della critica e del mercato internazionale. Laddove il sistema dell’arte contemporanea funziona, ha solide strutture e una regia cui è sotteso un progetto strategico mirato alla creazione di nuova arte. Il sistema è in grado anche di esportare la propria creatività e i suoi artisti dove ci sono scuole di livello universitario strettamente collegate con le altre istituzioni internazionali e reti di spazi pubblici non profit per la produzione, l’esposizione e la collezione di nuove opere, come FRAC francesi, Kunsthalle e Kunstverein dei paesi di lingua tedesca, i musei universitari e locali in America e le reti di spazi non profit pubbliche nei paesi scandinavi. Il sistema funziona lì dove l’artista visivo ha diritto di cittadinanza pubblica, ha una professione riconosciuta e può contare su una solida rete interconnessa tra pubblico e privato.

Infine, il monitoraggio: un lavoro a nostro avviso da avviare con urgenza. Manca in primo luogo una mappa organica del sistema che riconosca e conosca sé stesso e si registra una estrema carenza di banche dati pubbliche, che non consente di tracciare e monitorare il settore, a partire dalla consistenza degli artisti professionisti. Anche in merito a un capitolo ben organizzato quale è quello delle residenze d’artista, non è noto il dato relativo al numero di artisti che, negli anni, vi abbiano preso parte, così come il numero di opere prodotto e le ricadute.

 L’elenco comprende 98 musei, 67 fondazioni, 23 associazioni, 34 spazi indipendenti, 41 spazi espositivi, 15 collezioni, 12 parchi e giardini, 6 musei aziendali e d’impresa, 15 istituti esteri e 36 presenze di arte contemporanea negli spazi pubblici. Luoghi del contemporaneo <https://luoghidelcontemporaneo.beniculturali.it/home#tasto_ric_mappa> (30 gennaio 2022).

 Le banche dati di istituti di statistica aggregano gli artisti visivi ad altre categorie. Eurostat raggruppa «Persons working as creative and performing artists, authors, journalists and linguists» (al 2018: 137,7 persone ogni 1.000 abitanti, in Italia, impiegate in questi settori; sopra ci sono solo Germania, con 393,1 e Francia, con 244,3). Alla ricerca della professione ‘artista’, l’ISTAT rimanda alle ‘Professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione’ che, alla categoria ‘Specialisti in scienze umane, sociali, artistiche e gestionali’, comprende gli ‘Specialisti in discipline artistico-espressive’, che consta di tre specificità: ‘Pittori e scultori’, ‘Artisti di varietà’, ‘Acrobati e artisti circensi’.

 La cosiddetta ‘legge del 2%’, nata per abbellire gli edifici pubblici, incrementare il patrimonio dello Stato e incentivare il lavoro degli artisti, impone di destinare alla realizzazione di opere d’arte fino a un massimo del 2% dell’importo necessario per la costruzione di nuovi edifici delle amministrazioni. Nonostante sia presente un portale dedicato, non vi è contezza complessiva dell’applicazione della norma su tutto il territorio e della sua efficacia. 

 Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (BES) dell’ISTAT: 5,1 miliardi di euro nel 2018, incluse le attività di tutela e valorizzazione del patrimonio, rispetto a Francia e Germania, 14,8 e 13,5 miliardi rispettivamente e meno anche della Spagna che vi ha destinato 5,3 miliardi. In rapporto al Prodotto interno lordo, l’Italia spende appena il 2,9 per mille, contro il 4 per mille della media dell’Unione Europea. Poi, se andiamo a osservare i territori, la spesa dei Comuni per la gestione di beni e attività culturali è pari a 19,4 euro pro capite nel 2018, 0,6 euro in più rispetto al 2017, ma 2,9 in meno rispetto al 2010 (-10% rispetto a otto anni prima, a fronte di una crescita dell’8,5% della spesa corrente complessiva). Nel bilancio delle amministrazioni comunali il budget della cultura è sceso dal 3,4% al 2,8% della spesa corrente tra il 2010 e il 2013 e si mantiene stabile da allora <https://www.istat.it/it/files//2021/03/BES_2020.pdf>.

 Fondazione Symbola. Io sono Cultura 2021. L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi. in «I Quaderni di Symbola», 4 agosto 2021.

 F. Guerisoli, I diritti degli artisti visivi rimasti indietro, in «Il Sole 24 Ore – Arteconomy24», 8 maggio 2020 <https://www.ilsole24ore.com/art/i-diritti-artisti-visivi-rimasti-indietro-ADWqWGP>.

 M. Pirrelli, Foto di gruppo del collezionismo italiano, in «Il Sole 24 Ore – Arteconomy24», 11 gennaio 2021 <https://www.ilsole24ore.com/art/foto-gruppo-collezionismo-italiano-ADyB0qCB>.

 Comitato fondazioni arte contemporanea, Associazione Civita, Intesa Sannpaolo, Le organizzazioni private dell’arte contemporanea in Italia. Ruoli, funzioni, attività, gennaio 2020 HYPERLINK <https://www.civita.it/Associazione-Civita/Attivita/Pubblicazioni/Altre-Pubblicazioni/Le-organizzazioni-private-dell-arte-contemporanea-in-Italia.-Ruoli-funzioni-attivita>.

Lavoro culturale e occupazione, a cura di A. Taormina, FrancoAngeli, 2021.

E.E. Bertacchini, P. Borrione, Arte al futuro. Indagine sulle carriere artistiche emergenti e la produzione culturale indipendente in Italia, Edizioni Fondazione Santagata, 2020.